Se Perugia fosse un dolce, sarebbe sicuramente una Ciaramicola e, in un certo senso, lo è davvero.
Il delizioso ciambellone caratteristico delle feste pasquali è una miscela di gusto e tradizioni di antichissime origini che racchiude in sé i simboli della città. Un’opera d’arte gastronomica intrisa di significati iconografici da assaporare e interpretare allo stesso tempo, perché nella città del Grifo e del Leone nulla è semplicemente ciò che sembra a prima vista. Neanche una ciambella col buco.
Il nome Ciaramicola deriverebbe da “ciarapica”, il termine dialettale per indicare la cinciallegra, piccolo passeraceo multicolore che col suo canto annuncia la bella stagione. L’etimologia è legata alla parola “ciara”, chiara:
come la copertura del dolce, sormontato da una spessa coltre di albumi montati a neve. Tradizionale anche in altre zone della regione, nel 1431 il camerlengo di Gubbio decise di stanziare una forte somma per offrire la “Ciaramigola” a tutti i cittadini in occasione della festa di Sant’Ubaldo.
Una ciambella col buco, sì. Ma con una morfologia un po’ speciale. Nella versione tradizionale, cinque montagnole si innalzano lungo l’anello e due strisce di pasta si incrociano, a formare il sesto rialzo, in mezzo al buco centrale. I rilievi sul bordo rappresentano i rioni storici di Perugia, edificati su cinque colli: Porta Sole, Porta Sant’Angelo, Porta Susanna, Porta Eburnea
e Porta S. Pietro. La croce al centro del dolce simboleggia il cuore della città, attorno a cui si stringono i quartieri: Piazza IV Novembre e la bella Fontana Maggiore.
La Ciaramicola è rossa all’interno per via dell’alchermes che si aggiunge all’impasto e impreziosita da confettini blu, verdi e gialli, sparsi a pioggia sopra la bianca chiara d’uovo che ricopre il dolce. Ognuno di
questi colori è associato a un rione: rosso come Porta Sant’Angelo, da dove entrava in città la legna per accendere i fuochi, e bianco come Porta Sole, il quartiere rivolto ad Est, luminoso tra i marmi e i travertini degli aristocratici palazzi “buoni”. Da Porta Susanna, la Via Trasimena conduce verso il Lago, il grande specchio blu della regione, mentre fuori da Porta Eburnea una distesa di boschi e vigneti colora di verde la vallata. Il grano che entrava in città da Porta San Pietro identifica con il giallo il colore dominante del quartiere sul colle più meridionale di Perugia.
Il dolce veniva preparato dalle ragazze ancora nubili per i loro innamorati, in segno di augurio per un felice coronamento del sentimento reciproco. In questa interpretazione, il rosso e il bianco a contrasto
nel dolce simboleggiano l’ardore e il candore della gioventù. Ma si riferiscono di certo anche alla Passione e al Sangue di Cristo, alla purezza del sacrificio per la salvezza del popolo e al fulgore della rinascita nella gloria di Dio.
