La pace non è soltanto l’assenza di guerra. È un processo, fatto di incontri, di dialogo e di capacità di convivere con ciò che è diverso da noi. Significa costruire giorno dopo giorno relazioni che superano barriere linguistiche, culturali e sociali, trasformando le differenze in ponti anziché in muri. In questo senso, l’esperienza Erasmus diventa una scuola di pace senza eguali.
Ogni studente che parte porta con sé abitudini, identità, ricordi, e improvvisamente si trova a vivere in una città nuova, circondato da culture e modi di pensare differenti. All’inizio può sembrare spaesante, ma è proprio da lì che nasce l’intercultura: cucinare insieme a coinquilini che parlano lingue diverse, scambiarsi espressioni nelle pause tra le lezioni, imparare a rispettare tradizioni che non si conoscevano. La pace prende forma proprio in queste piccole cose quotidiane, quando si scopre che dietro a una lingua sconosciuta o a un piatto mai assaggiato prima c’è un mondo che merita di essere ascoltato.
Erasmus è un vero laboratorio di convivenza. Non tutto è semplice: ci sono incomprensioni, momenti di difficoltà, a volte piccoli conflitti. Ma proprio imparando a gestirli, a trovare soluzioni insieme, si acquisisce la consapevolezza che la pace non è mai qualcosa di dato una volta per tutte, bensì un equilibrio che si costruisce con empatia, pazienza e apertura. E ciò che si apprende durante la mobilità non resta confinato all’esperienza individuale: ogni studente torna a casa con uno sguardo diverso sul mondo, pronto a portare con sé un messaggio di dialogo e di rispetto che diventa seme di cambiamento nelle proprie comunità.
Oggi, mentre il nostro presente è segnato da conflitti vicini e lontani che sembrano riportare indietro le lancette della storia, riflettere sul significato della pace è ancora più urgente. Guardare all’esperienza Erasmus ci ricorda che esiste un modello diverso di convivenza: quello fondato sull’inclusività, sulla comprensione reciproca, sull’idea che incontrarsi non sia una minaccia ma un arricchimento.
La speranza è che un giorno, sotto il vessillo dell’inclusività che il messaggio Erasmus porta con sé, non ci siano più guerre da combattere, ma solo differenze da celebrare.